Riconoscere Cristo, per riconoscerci in Lui
Sta tutto in questa domanda; fatidica, essenziale, arcana, ma allo stesso tempo limpida, come acqua di ruscello: ‘’Voi chi dite che io sia?’’. La stessa domanda che Gesù fece ai suoi discepoli, e alla quale Pietro rispose di aver riconosciuto in Lui ‘’il Cristo, il Figlio del Dio vivente’’. (Mt. 16, 16). Quella risposta, nascondeva dietro di sé una verità che Pietro non solo dimostrava di conoscere, ma addirittura di averla fatta propria, sentendola e quindi vivendola. Fu proprio quell’intima verità, sbocciata in quella risposta, che valse a Pietro la guida di quell’immenso, ma unico gregge, che il suo Maestro gli stava affi dando: la Chiesa. E allora è per questo che Cristo ci domanda chi per noi Lui sia; affi nché riconoscendoLo, possiamo riconoscerci anche noi, come suoi discepoli e fratelli. E proprio per rispondere a questa domanda, che dodici giovani delle varie Diocesi calabresi, hanno scelto, quest’anno, di varcare le porte del Pontificio Seminario San Pio X di Catanzaro; per poter anche loro rispondere con il cuore, ognuno con i propri diversi doni, inclinazioni, età e personalità, alla domanda di Gesù: “Chi sono Io per te”. C’è veramente un forte bisogno di vivere la stessa risposta che Pietro diede a Gesù, per spingere dodici ragazzi, ad abbandonare le proprie famiglie, le loro vite ‘’mondane’’, avventurandosi in un’incognita dentro l’incognita, che quest’anno vede la vita del Seminario, camminare di pari passo con la preoccupazione per il delicato momento socio-sanitario che attualmente si stia vivendo. Proprio il bisogno di rispondere e vivere questa domanda, ha spinto Antimo ad aver scelto di rinunciare agli studi universitari, per decidere di intraprendere il percorso di discernimento personale della propria chiamata; lo stesso bisogno di vivere la risposta, ha spinto Vincenzo a seguire questa strada, nel pieno del suo percorso universitario da laureando in Lettere Antiche e Francesco Pio, ad abbandonare le sue amicizie conosciute nella sua esperienza caritativa a Torino, e la sua voglia di donarsi al prossimo; e ancora Emmanuel, laureato in giurisprudenza da pochi mesi e scrittore per il Quotidiano del Sud; e Angelo, che si è messo in gioco a 35 anni. E la stessa ragione di tutti gli altri che per un verso, o per l’altro, abbiano scelto di condurre le orme dei propri passi, sul sentiero dell’educazione alla preghiera ed al servizio degli altri. Ognuno di loro ha scelto di abbandonare qualcosa del suo ‘’io’’, per ricevere e conoscere l’altro, e nell’altro, ricevere e conoscere Cristo, perché non si può riconoscere il Padre nel Figlio, se non prima si conosca nel Figlio, il nostro prossimo e fratello. Ed è quindi per vivere quel riconoscere Cristo come Dio, attraverso la preghiera, e quel riconoscere Cristo nel prossimo, con la carità e compassione fraterna, che “dodici ragazzi calabresi”, dal 3 Novembre, si stiano dedicando «a porre solide basi alla vita spirituale e di favorire una maggior conoscenza di sé per le crescita personale, come anche alla preghiera attraverso la vita sacramentale, la Liturgia delle Ore, la famigliarità con la Parola di Dio, il silenzio e l’orazione mentale» (Ratio Fundamentalis Institutionis Sacerdotalis, 59). Senza dimenticare i momenti di studio del Greco, del Latino e della Filosofia, che per alcuni di loro sono già una piacevole conoscenza, e per altri sono invece delle sconosciute strade da percorrere. Ma anche educazione alla vita comunitaria, condividendo momenti di leggerezza, gioie, ansie, preoccupazioni. Insomma, attuando la diffi cile quanto santifi catrice arte del compatire, cioè del soffrire insieme, e quindi dell’immedesimarsi, sentire e capire la stessa sofferenza o gioia del tuo fratello. Perché è proprio quel riconoscere Cristo, e voler camminare sui suoi stessi passi, di testimonianza della gioia come anche del sacrificio, che fanno sì che un ragazzo decida di non essere più l’uno, ma di ritornare a far parte di quell’Uno che, richiamandolo a Sé, lo porti a percorrere la stessa strada con cui Dio stesso si sia manifestato. Perché alla fi ne di questo percorso, noi tutti ci auguriamo che questa tappa possa aver portato innanzitutto ognuno di noi a saper discernere quello che si trovi all’interno di ognuno, e per questo motivo, saper accettare la propria strada di santità, qualunque essa sia. Perché alla domanda: ‘’Chi credi che Io sia?’’, noi tutti ci possiamo augurare vivere, al termine di questa tappa, la risposta di Pietro, nella consapevolezza che tutto parte da Dio, ed a Dio ritorna. ‘’Lascia ciò che hai e seguimi’’...
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